venerdì 9 novembre 2007

Lettera di Enzo Biagi

Ho cercato il viedo, ma non l'ho trovato.
Voglio ancora omaggiare il grandissimo Enzo Biagi postando il testo della puntata de "Il Fatto"datata 18 Aprile 2002, giorno in cui Berlusconi pronunciò l'editto bulgaro contro Santoro, Luttazzi e lo stesso Biagi, e che ieri ha avuto la bella faccia tosta (per non dire da culo) di dire che non voleva che venisse licenziato dalla Rai. Ha perso una buona occasione per starsene zitto.
Stessa sorte toccò poi successivamente anche ad altri nomi importanti come Carlo Freccero e Sabina Guzzanti, e lo stesso Fabio Fazio per diversi anni non ha potuto fare ritorno in Rai dopo la soppressione del suo talk show (di fatto mai andato in onda) su La7.
Voglio anche sottolineare la vigliaccata dei dirigenti di allora (lo ha detto anche il cardinale Ersilio Tonini, grande amico di Biagi, ieri nella trasmissione di Santoro a lui dedicata) per il fatto di aver tolto il lavoro ad una persona in un periodo non tanto bello: in quei mesi, infatti, morirono la moglie e la figlia più piccola di Enzo Biagi.
Ma ora diamo spazio alle sue parole, e conserviamole nella memoria.

"Non è un gran giorno per l'Italia: per quello che succede in casa e per quello che si dice fuori. A Milano lo sapete, un piccolo aereo da turismo è andato a sbattere contro il Pirellone, orgoglio dell'architettura italiana e uno dei simboli della città. E il pensiero corre subito alle torri di New York. Disgrazia. Ma c'è, anche, chi all'estero parla di crimine. Da Sofia il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, non trova di meglio che segnalare tre biechi individui, in ordine alfabetico: Biagi, Luttazzi, Santoro che, cito tra virgolette: "Hanno fatto un uso della televisione pubblica - pagata con i soldi di tutti - criminoso. Credo sia un preciso dovere della nuova dirigenza Rai di non permettere più che questo avvenga". Chiuse le virgolette.

Quale sarebbe il reato? Stupro, assassino, rapina, furto, incitamento alla delinquenza, falso e diffamazione? Denunci.

Poi il presidente Berlusconi, siccome non prevede nei tre biechi personaggi pentimento o redenzione - pur non avendo niente di personale - lascerebbe intendere, se interpretiamo bene, che dovrebbero togliere il disturbo.

Signor presidente Berlusconi dia disposizione di procedere, perché la mia età e il senso di rispetto che ho per me stesso, mi vietano di adeguarmi ai suoi desideri. Sono ancora convinto che in questa nostra Repubblica ci sia spazio per la libertà di stampa. E ci sia, perfino, in questa azienda che, essendo proprio di tutti, come lei dice, vorrà sentire tutte le opinioni. Perché questo, signor presidente, è il principio della democrazia. Sta scritto, dia un'occhiata, nella Costituzione.

In America, ne avrà sentito parlare, Richard Nixon dovette lasciare la Casa Bianca per un'operazione chiamata Watergate, condotta da giovani cronisti alle dipendenze di quel grande e libero editore che era la signora Katharine Graham proprietario della Washington Post. Questa, tra l'altro, viene presentata come televisione di Stato, anche se qualcuno tende a farla di governo, ma è il pubblico che giudica. Nove volte su dieci, controllare, "Il Fatto" è la trasmissione più vista della Rai.

Lavoro qui dal 1961 e sono affezionato a questa azienda. Ed è la prima volta che un presidente del Consiglio decide il palinsesto, cioè i programmi, e chiede che due giornalisti, Biagi e Santoro, dovrebbero entrare nella categoria dei disoccupati. L'idea poi di cacciare il comico Luttazzi è più da impresario, quale lei è del resto, che da statista.

Cari telespettatori, questa potrebbe essere l'ultima puntata de "Il Fatto". Dopo 814 trasmissioni, non è il caso di commemorarci. Eventualmente, è meglio essere cacciati per aver detto qualche verità, che restare a prezzo di certi patteggiamenti.

Signor presidente Berlusconi, non tocca a lei licenziarmi. Penso che qualcuno mi accuserà di un uso personale del mio programma che, del resto, faccio da anni, ma per raccontare una storia che va al di là della mia trascurabile persona e che coinvolge un problema fondamentale: quello della libertà di espressione. “

(18 aprile 2002)

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